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Note critiche:

01/02/2012
Art&rtA
La moderna istanza realistica di Irene Balducci si definisce in quella libera padronanza espressiva che privilegia in tutto il suo operato pittorico, la vocazione al segno e soprattutto a quel particolare cifrato
dalle frequenti e passionali notazioni cromatiche.
E’ un naturale concetto di autonomia creativa che domina la sua incessante ricerca, un appassionato studio icastico della figura, essenzialmente femminile, con un attento sguardo alle vibrazioni dell’ animo umano che intensamente esprime con lo stesso alfabeto allegorico del corpo.
Parole, tratti, colori, pulsazioni materiche, passano e attraversano la pelle dei suoi corpi, dei suoi volti, incidono, come graffi elegantemente erotici, le pose e gli sguardi, a volte languidamente socchiusi delle sue numerose modelle. Modelle numerose , solo apparentemente uguali, ma percettibilmente diverse, penetrate da una luce cromatica a volte vitale e materica, a volte di perla o rosata come soffusa da una piccola lampada accesa . Ma è comunque, la sua, una luminosità che si coniuga a meraviglia al suo tratto dinamico e gestuale, quasi ad offrire un intreccio di sensazioni, di valori emozionali in una ricca estensione, di interessi pittorici.
Quei volti, quelle braccia sensualmente incrociate dietro la nuca o abbandonate lungo il corpo, ci appaiono come in un intimo silenzio di attesa, ma d’improvviso il coinvolgimento statico diventa un dinamico happenig di suggestioni e il segno e il sentimento pittorico di Irene Balducci si percepisce allora come un linguaggio plastico che si avvicina ad una ideale tridimensionalità scultorea.
Forme, pose, atteggiamenti, ispirate atmosfere di narrazione, si amplificano all’infinito come cerchi nell’acqua. Identità senza nome, codificate da suggestioni numeriche, tessuti dell’universo senza titolo,
conseguenti ad una ricca vivacità emotiva o forse ad una logica cronologia di ispirazione. Ma è in quelle identità che l’eros si fa poeta del corpo, è lì che si annodano come in una modulata stesura colloquiale segreti ed idee che comunicano con quell’inesplorato mistero femminile, quel mistero infinito che da sempre affascina tutta la storia della più grande cultura espressiva.

Nicolina Bianchi
Critico d’arte SEGNI D’ARTE
Pubblic. Sulla rivista ARTE&ARTE Febbraio 2012


19/10/2010
BLABLABLA

Installazione


...pensavo alle parole, al testo, che come un codice indecifrabile, in maniera rituale ed ossessiva scrivo e riscrivo sulle mie tele. La grafia, il segno , la traccia sono sempre stati elementi di grande interesse e ricerca nel mio lavoro. Indagavo sul concetto del “parlato”, sul come avrebbe potuto essere corpo stesso di una installazione; “BLABLABLA” mi è sembrata la locuzione onomatopeica emblematica e la cera (perché si consuma) il materiale più adatto con cui realizzare il tutto. Proprio perchè non vuol dire niente, non entra nello specifico di nessun ambito o argomento, è uno stereotipo, che può racchiudere in sé, universalmente il massimo spettro delle possibilità espressive. “Blablabla”, può inglobare tutto: l’odierno sovrapporsi di parole e parole al vento, “marketing e politichese”, la manipolazione esercitata dai “media”, l’inquinamento visivo e acustico che fa da sfondo e da colonna sonora al nostro quotidiano e tanto altro ancora, all’infinito. È un magma straniante ed avvolgente, nel quale si consuma “il nostro tempo” come una candela.


L’installazione prevede una serie di candele dalla forma delle lettere che compongono la locuzione di cui sopra ..blablabla…posizionata sul pavimento in maniera continuativa e a spirale come da foto. Le dimensioni ed i colori possono variare a seconda del luogo e dello spazio a disposizione, così è anche per il sottofondo sonoro, questa, è un’opera aperta, plasmabile e polivalente. Le candele di cui è composta, lasciate integre o fatte bruciare, sono comunque metafora del trascorrere di un tempo che non è infinito, il nostro, che come quello di questa installazione, è un progetto a termine, il consumarsi di una candela.


Irene Balducci


03/10/2009
WORK IN PROGRESS
Sala degli Archi Piazza Cavour Rimini

La mostra, come ne preannuncia il titolo, è un ulteriore approfondimento sul concetto dell’accumulo e della sovrapposizione di cui l’autrice si è occupata in questi ultimi anni.
La sua ricerca artistica, strutturata sull’alternanza di parole, immagini e collage si è avvalsa della lunga esperienza in ambito figurativo, per pura scelta stilistica, cercando comunque nei materiali e nella metodologia un percorso personale e innovativo rigorosamente fedele al proprio modo di intendere l’arte.
In buona parte dei lavori della mostra precedente “TEXTURES” ( Febbraio 2008 ) di cui questa ne è la continuazione, si è sviluppato maggiormente il lavoro sul segno e sulla grafia. Sullo sfondo del quadro, un testo ripetuto e sovrapposto in maniera ossessiva, come un codice indecifrabile, costituiva una “trama”che interferiva e ne disturbava la fruizione.
Su questa struttura, ottenuta per stratificazione, quasi come la traccia di un “tempo ormai trascorso”, era rappresentato uno stereotipo del nostro presente (quello del mondo femminile, rubato alla pubblicità) che ne rimaneva intrappolato e fuso insieme. Metaforicamente una sorta di legame indissolubile tra passato e presente.
Progressivamente, ed ora, in questa mostra, il tutto, si è alleggerito nei colori e negli spazi; un “over-all” di segni graffiti, come un magma, si allarga fino a diventare predominante nell’opera e relega l’immagine dipinta in uno spazio esiguo. Protagonista è questa grafia quasi cancellata, che, senza più alcun riferimento semantico, ha pura valenza estetica, ed è quel che resta di un segno inferto, una traccia…
Termina l’esposizione con un pannello senza immagini, come a chiudere un ciclo e ad aprire una più ampia ed infinita possibilità di espressione.
“Fil rouge” di questo lavoro in continuo divenire è la metafora di cui sopra, che per l’autrice ha sempre la priorità, in ambito figurativo e non, nei video ed in qualsiasi altra modalità espressiva offerta dalla contemporaneità.


14/03/2009
" Donne in arte"
Colletiva di pittura e sciultura dal 14 al 22 marzo.
P:zza Cavour Rimini
Sala degli Archi

09/12/2008
Asta benefica in favore dell' "AIL"
L'Associazione Italiana Lotta alla Leucemia, linfomi e mieloma, ha organizzato nell'estate 2008 a Viserba un' ESTEMPORANEA DI PITTURA, le cui opere saranno vendute all'asta ...Martedì 9/12/2008 ore 18,oo al BAR MATISSE di VISERBA.

02/02/2008
"TEXTURES" mostra personale. Sala degli Archi P.za Cavour - Rimini
Irene Balducci struttura la sua ricerca artistica attraverso diverse
suggestioni che percorrono il Novecento pittorico innervandosi nei
lavori presentati in questa rassegna. In certo qual modo “Textures”,
il titolo della mostra, assieme alla tematica della sovrapposizione di parole, immagini, tecniche; diviene emblematicamente la trasposizione di una stratificazione che unisce cultura “bassa” e “alta”: immagini femminili che sembrano riprodurre, al contempo, influenze pubblicitarie da rivista e stratificazioni storiche nella tecnica e nei rimandi culturali.
C’è una sorta di programma di riscatto ad oltranza del secondario:
immagini pubblicitarie, pose e volti stereotipati. A tratti sembrano ricordare le tecniche stranianti di Warhol nell’uso delle cromie con un effetto di sfocatura, cioè con un procedimento che attenua l’individualità, l’icasticità della singola immagine. Tale sfocatura avviene con la mano dell’autrice che “ viene allo scoperto”, animando con piacevoli stesure, quasi di gusto fauve, e anche unificando secondo il criterio dell’ “aplat”, le zone maculate che si intersecano tra sfondo e figura, facendo sì che nella ricostruzione mentale dello spettatore, attraverso l’idea chiaro-scuro, ombra-luce si strutturi l’immagine di volto o corpo.
Al contempo sembrano ricordare a tratti, proprio nell’idea di stratifica-zione il “decollage”, in quanto un modo assai comune di praticare la stratificazione è quello degli attacchini che sovrappongono via via, gli uni sugli altri manifesti diversi, tutti improntati alla stereotipia di immagini chiuse e definite; spesso però intervengono accidenti causati da condizioni naturali- atmosferiche, o provocati da qualche passante, che hanno l’effetto di scalfire, squarciare quelle molte pelli artificiali stratificate, mettendole variamente a nudo: fenomeno di dissezione casuale che, ad esempio Rotella ed altri, hanno ricostituito in laboratorio, o trasportato sulla superficie del quadro “tale e quale”. Così alcuni lavori di Irene Balducci sembrano riproporre nella stratificazione di parole ed immagini , seppure nella artigianalità-manualità tecnica, questa babele culturale in cui siamo costantemente immersi.

Franca Fabbri
(Docente all'Accademia Belle Arti "LABA" di Rimini)


02/02/2008
Milena Massani per "TEXTURES"
Una personalità vivace che si accorda e coniuga specularmene sia ad attività di carattere pratico che di tipo artistico, infatti Irene Balducci nel ruolo di pittrice muove la propria conoscenza verso il mondo femminile, lasciandosene affascinare.
Le grandi tele tracciano una molteplicità di donne riprese come da un teleobiettivo nelle più svariate pose, donne-madri, donne-mistiche, ma sempre e solo donne che celano lo sguardo dietro la maschera, ad indicare un simbolismo misterioso. La tecnica ad acrilico mista ad olii dai colori tenui, esprime una similitudine poetica e un linguaggio acceso di pulsante vitalità, protesa a mostrare quei visi come se parlassero tra loro in una mimica vocale o in un diario.
La personalità dell’autrice specchia nelle opere la sua sensibilità moderna, le tele formano un puttlez che racconta la fisionomia del tempo che addiziona o cancella su di un telaio le sfaccettature di un disegno omologato per poi trasformare la creazione man mano in forme compiute che ci lasciano ora il palpito del mondo dello spettacolo, ora i volti del Carioca in un varietà coreografico.
A tratti pare di udire i brani musicali di Ira Gershwin in “Voglio danzare” oppure le assorte movenze comprese nel ballo scandito dal famoso brano musicale “Follia d’inverno” per poi lasciarci tornare a riguardare quei volti che scorrono come pellicole cinematografiche, in un musical ove mancano solo le piume di struzzo per immaginare città come Parigi o New York.
Ma la caratteristica principale di queste opere è la trasparenza accostata su due piani che si contemperano con le tecniche formali che si fondono in un tracciato che prende forma da un volto che si intravede apparire da una sorta di pasta vitrea smaltata, fusa in un'amalgama che lascia comprendere il passato e il presente che si contemperano reciprocamente ed esplicitamente. Tutto ciò rappresenta le varie trasformazioni della figura rappresentata e colta nelle varie molteplicità ed espressioni, dalla donna bambina, sino al bozzolo che si trasforma da crisalide in farfalla la donna viene rappresentata per poter cogliere in un attimo fuggente il boccio sfolgorante della vita in cui i volti fanno scena e rimandano ad un mondo cortese, ad una fantasia che lascia l’impronta di una donna teatrale e pirandelliana. Dapprima è una ragazza che pare incarnare anche il ruolo di fotomodella, ad indicare una volontà di mostrare la realtà incarnante una filosofia in cui la donna sia protagonista della propria vita ed anche artefice, nonché rappresentate di un’eleganza stilistica.
Lo sguardo passa su quegli sguardi che non appaiono appartenere ad eroine, bensì a donne protese alla ribalta in un tempo presente che è mitizzato e reso patinato da una bellezza esistenziale che porta il monopolio indicativo del fascino sensoriale ad assimilare un aspetto multimediale.
I colori caldi, le terre di Siena, evanescenti o dense del colore acrilico rimangono freddo al tatto,
sono lavorate senza parsimonia e diventano corpose mentre strutturano forme conformi ad un ideale di carattere cinematografico.
A volte percepiamo la malinconia di un arlecchino romantico in quegli sguardi, altre, apprendiamo una sentimentale vena protagonista che aleggia per lasciarci traccia e senso di una sceneggiatura che si trasforma per sedurre la fortuna propizia.
Allora viene in mente la dea Venere dal volto porcellanato che ispira il dio greco Pan in un eterno Paradiso, in un Eden immobile ove la vita scorra senza segnare, condizionando drammaticamente ciascun mortale, allora ci predisponiamo a sognare il mito che perpetua le sue Arianne e i suoi labirinti con i tori, mentre dall’Olimpo, Zeus, spezza l’uomo in due parti, per acuire le differenze tra maschi e femmine, così da salvaguardare le identità e lasciare che si rappresenti la bellezza come una ninfa che si specchia, mentre Cupido, sopraggiunge per lanciare una freccia, un dardo che colpisca minando per sempre il tesoro inconsapevole insito nella fresca innocenza…

Milena Massani

02/09/2006
Per "Maschere dal mare" S. Polidori. San Giuliano -RN-
Maschera è profondità. Una sovrapposizione tra lo spazio circostante e il nostro fluttuante divenire. trasformazione intensa, segreta e recesso bidimentsionale in connubio con una doppia individualità, sono l'essenza allo stato puro di un animo che ricerca e si riflette in una propria ed intima dimensione. mascherarsi è mutamento dell'imperfetto.

09/06/2006
SARA POLIDORI, 09/06/06 per la mostra “ARTEINSIEME”, Galleria d’Arte Coppedè Rimini.
L’opera “Tango” : ….. ricerca di sovrapposizioni e colore sfumato monocromo, integrano in larga misura il visibile con l’intelligibile. Un dipinto “robusto”, ma contrassegnato dalla coesistenza di tecniche diverse che determinano un effetto ambiguo di profondità spaziale-prospettica. Le figure in primo piano, rispetto allo sfondo, appaiono debitamente appiattite, schiacciate, “sforbiciate”, rievocando la tecnica d’immagine della televisione.

17/02/2006
SARA POLIDORI, 17/02/06 per la mostra “MASCHERANDO”, Sala delle Colonne Rimini.
L’opera, “Identità celata”, rappresenta più cose insieme, ed è ciò che suggerisce il titolo in sé e per sé. E’ un riferimento all’identità nel contemporaneo un invito a desemantizzare, attraverso la scomposizione, la nostra individualità analizzandola in riferimento a se stessa e con altre possibili relazioni, corrispondenze e vincoli. Uno stimolo per il fruitore a ricomporre e scomporre i tasselli di un “puzzle” che possiede un’estetica elastica.Un mosaico di molteplici e contradditorie senzazioni. Un’identità nascosta e sconosciuta, poiché noi siamo, parafrasando Pirandello , “uno, nessuno, centomila”. Anche ciò che sembra perfettamente combaciare, racchiude in sé l’essenza dell’imperfetto mutamento.

31/01/2006
IVO GIGLI, 31/01/06 dal “Romagna Corriere di Rimini e San Marino”, per la mostra “FRAMMENTI” Galleria d’Arte Coppedè Rimini.
La figura umana, il corpo e il volto, è il coinvolgimento rappresentativo della pittura di Irene Balducci , è il tramite, il mezzo formale per una sua più complessa istanza contenutistica, il bisogno di esprimere la percezione eraclitea del Tempo che trascorre ineluttabile nelle sue due facce: la notte e il giorno, e così all’infinito in maniera ossessivamente intarsiata nei dipinti tipicamente con le lettere, ma pure ritmica, perché la continuità del Tempo nella ripetitività iconica di una sua opera è l'’inversione delle immagini, di due volti (la Notte e il Giorno) che non solo la ritmano simbolicamente, ma pure pittoricamente ed in maniera plastica. Perché la plasticità del disegno e del colore a tecnica mista è una prerogativa portante dell’arte della Balducci; i suoi lavori sono di grande e piccola dimensione, su tavola e su tela, figure luminose ove prevale l’ocra, il rosso e il giallo, tracciate con segno sicuro e marcato che lascia trapelare tutto un gusto efficace per l’anatomia, per la sembianza umana. Dunque, un’arte,dove il simbolismo trova il suo linguaggio, ma anche un lungo cammino di ricerca.

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